Nel capitolo IX i tre fuggitivi giungono a Monza e vengono portati in una osteria per rifocillarsi, ma ben presto il loro cammino si divide, infatti le donne lo esortano a partire subito, per non far nascere pettegolezzi, e per seguire i consigli di padre Cristoforo.

Si salutano in maniera rapida e le loro strade purtroppo prendono direzioni diverse, non sapendo neanche quando si sarebbero rincontrati.

Lucia ed Agnese arrivano al convento dei cappuccini di Monza dove mostrano la lettera del loro salvatore e il padre guardiano decide che le donne, solo al monastero della Signora, avrebbero potuto trovare aiuto.

La madre e la figlia chiedono incuriosite al conducente del calesse chi fosse questa donna e lui le risponde che è una monaca, figlia di un nobile e di conseguenza molto rispettata nel monastero.

Geltrude, cioè la “Signora” le accoglie da dietro una grata, dimostra circa venticinque anni, anche se la sua bellezza è come se fosse sfiorita. I suoi occhi neri a volte fissano l’interlocutore con curiosità, altre sono chinati per chiedere pietà ed affetto, altre volte ancora esprimono odio. La tonaca è attillata come se fosse un vestito laico e si vedono ciocche di lunghi capelli da sotto il velo, che invece le suore dovrebbero portare sempre corti.

Il padre guardiano espone il caso di Lucia alla monaca la quale comincia a fare domande, incuriosita dalla situazione.

Lucia è molto imbarazzata quindi quasi non riesce a rispondere, così prende la parola Agnese per aiutare la figlia ma anche lei ad un certo punto, con il suo parlare popolare, si sente in imbarazzo e non sa come continuare il discorso anche perchè la Signora la rimprovera per aver parlato senza essere interpellata.

A quel punto Lucia prende finalmente la parola e fa uno dei discorsi più lunghi che le vedremo fare nell’intero romanzo.

A quel punto Gertrude concede la sua protezione e congeda Agnese e il padre guardiano per conversare solo con la giovane.

Lo scrittore, in questa parte del romanzo, comincia con la sua prima digressione riguardo la storia di Gertrude.

Figlia di un potente nobile, il quale non volendo dividere il patrimonio familiare per lasciarlo solo al primogenito, destina fin dalla nascita Gertrude alla vita monacale. Già all’età di sei anni viene cresciuta in un convento dove viene trattata con riguardo rispetto alle compagne, ma la loro compagnia la porta a volere assaporare la vita in società.

Sviluppa un atteggiamento sofferto e contraddittorio e finisce vittima del disegno del padre. Quando ad un certo punto della sua vita avrebbe dovuto fare richiesta formale per diventare monaca, decide di scrivere una lettera al padre in cui coraggiosamente esprime il suo desiderio di non diventare monaca, ma non ha alcuna risposta. Quando il mese prima di ricevere i voti torna a casa è allontanata da tutti e un giovane servitore è l’unico che la tratta come lei vorrebbe, quindi gli scrive una lettera affettuosa che viene intercettata dal padre che la fa rinchiudere in camera sua. Geltrude implora il perdono, quindi confusa, nella ricerca di affetto del padre lui la convince a farsi monaca.

 

Manzoni e i Promessi sposi