L’inizio del capitolo XXV è abbastanza animato in quanto quello che è accaduto a Lucia, la sua liberazione, la conversione dell’Innominato e l’intervento del cardinale si diffondono rapidamente, soprattutto tra i suoi compaesani.

Essi cominciano a parlare spesso di don Rodrigo, nonostante abbiano ancora paura di lui e dei suoi bravi, e cominciano a prendersela con coloro che sono al suo servizio come l‘Azzecca-garbugli.

Don Rodrigo quando riceve la notizia è sbalordito, rimane qualche giorno rintanato in casa, ma poi decide di partire per Milano perchè non voleva accogliere il cardinale come diceva la convenzione.

Il paese di Agnese e Lucia viene addobbato a festa per l’arrivo di Federigo Borromeo, i popolani si riversano felici per strada per accogliere il salvatore di Lucia, anche se dovunque è accolto con uguale entusiasmo.

Don Abbondio anche lui attende l’arrivo, ma sicuramente è più nervoso in quanto teme che Agnese e Lucia abbiano raccontato tutto.

Quando il cardinale giunge in paese viene acclamato dalla folla scatenando le solite paure del cappellano crucifero che teme per la sua incolumità.

Dopo aver benedetto il popolo, chiama in disparte il curato e gli chiede informazioni su Renzo che descrive come un ragazzo testardo e collerico ma una brava persona. A questo punto l’unica cosa da fare è trovare una sistemazione sicura per Lucia.

Manzoni usa un flash back per riportarci a qualche giorno prima e spiegarci cosa stesse accadendo alle donne e come i problemi per la sua sistemazione si fossero risolti in modo naturale.

Non distante dalla casa del sarto, in una casa di villeggiatura vivevano don Ferrante e donna Prassede, quest’ultima è una gentil donna che sente il bisogno di far del bene, ma non per inclinazione caritatevole ma quasi per capriccio, infatti, il suo intervento a volte risulta anche inappropriato.

La donna invita Agnese e Lucia a casa propria, si sentono in dovere di accettare per non farle un torto.

Quando donna Prassede fa la conoscenza di Lucia, non comprende appieno il carattere della fanciulla e pensa che ci sia qualcosa da correggere in lei e quindi vede in questa situazione una nuova missione da intraprendere.

Decide di ospitare Lucia a casa sua a Milano, ovviamente alle due protagoniste sembra una soluzione più che adatta alla situazione.

Adesso deve solo essere avvertito il cardinale, quindi don Ferrante, persona colta, scrive una lettera che le due donne consegneranno a Federigo una volta arrivate in paese.

Giunte al cospetto del cardinale gli consegnano la lettera e lui sembra d’accordo sul piano ed esorta le donne a confidare nella provvidenza divina.

Una volta uscite dalla chiesa vengono accolte calorosamente da amici e conoscenti che gli offrono il loro aiuto. A questo punto l’autore scrive che l’anonimo ha coniato un proverbio e cioè che si hanno molte offerte d’aiuto quando meno se ne ha bisogno.

Alla fine della funzione don Abbondio viene chiamato a conferire con il cardinale il quale gli chiede il motivo per cui abbia impedito il matrimonio dei due giovani. All’inizio il curato è evasivo e gli risponde che aveva paura a causa di minacce ricevute.

Borromeo gli risponde che lui avrebbe dovuto celebrare il matrimonio a costo della sua vita e che se lui aveva paura di agire per il bene, probabilmente aveva sbagliato a prendere i voti.

Gli chiede più volte chi volesse impedire questo matrimonio, ma lui risponde semplicemente “un gran signore”.

Don Abbondio crede che il cardinale tenga più a cuore i due giovani che un povero sacerdote che avrebbe dovuto sacrificare la sua vita.

Il capitolo termina con una domanda e cioè come abbia potuto far vincere il timore per la propria incolumità sull’amore verso i propri parrocchiani.

Manzoni e i Promessi sposi