Nel capitolo XXVII dei Promessi sposi l’autore spiega le cause e i protagonisti della guerra dei trent’anni che coinvolge l’Europa, ma anche l’Italia.

Il governatore Gonzalo temeva che Venezia si potesse alleare con la Spagna e cercava di evitare ciò, l’occasione si fece avanti con la notizia che il fuggiasco Renzo si stesse rifugiando nel territorio bergamasco cioè nel Regno di Verona. Praticamente il giovane divenne un capo espiatorio senza aver fatto nulla.

La digressione sulla guerra è molto lunga ma il nocciolo della questione è quello sopra citato.

La seconda parte del capitolo riguarda le difficoltà che hanno Agnese e Renzo a mettersi in contatto essendo entrambe analfabeti e dovendo scegliere delle terze persone che scrivessero e leggessero per loro ma soprattutto che fossero così oneste da non travisare le cose e non diffondere in giro ciò che gli veniva detto.

Renzo, trovata una persona fidata, non sapendo dove fossero le donne, invia una lettera al convento di padre Cristoforo. che viene persa. In seguito ne invia un’altra ad un amico fidato di Lecco che la fa arrivare ad Agnese, che a sua volta si rivolge ad un cugino per rispondere a Renzo, che ora ha il nome di Antonio Rivolta.

La conversazione epistolare fra i due continua per molto tempo, non senza incomprensioni da entrambe le parti, perchè ci sono cose che nelle lettere entrambi omettono e quindi risulta difficile capire.

Agnese gli racconta tutto: del rapimento, del voto e gli invia la metà dei soldi ricevuti dall’Innominato.

Renzo gli risponde che non ha intenzione di dimenticare Lucia e che avrebbe mantenuto la promessa di sposarla e non avrebbe toccato neanche uno scudo perchè servivano per il loro futuro.

Agnese riesce a far sapere alla figlia che Renzo sta bene. Lei è contenta ma vorrebbe che il suo amato si dimenticasse di lei. Lucia fa di tutto per non pensarlo ma inutilmente perchè donna Prassede, con l’intento di screditarlo, parla spesso del giovane.

Alla figura indisponente di donna Prassede si contrappone quella di don Ferrante, il marito. Lui non è un uomo autoritario e ama la sua libertà personale, non ama nè comandare nè obbedire. Con lui Manzoni introduce un nuovo personaggio del ceto nobiliare. I coniugi hanno un rapporto particolare, a volte le concede solo di scrivere delle lettere per lei ma per il resto del tempo conduce la sua vita in libertà.

Egli possiede una biblioteca con più di trecento libri e Manzoni cerca di descrivere l’uomo attraverso ciò che legge.

Sono molte le branche del sapere che don Ferrante ama: dalla filosofia all’astrologia, dalla magia alla stregoneria, inoltre ha una parte della biblioteca destinata agli statisti e i libri da lui ritenuti più importanti sono “il Principe” e “i Discorsi” di N. Machiavelli” ed altri.

Egli è colto in molte materie ma quella in cui può essere definito professore è la scienza cavalleresca.

Stesso Manzoni ad un certo punto asserisce che forse l’anonimo si è dilungato un po’ troppo sui gusti letterari di don Ferrante e che ciò abbia annoiato il lettore, quindi, sarebbe meglio ritornare al racconto dei personaggi. Fino all’autunno del 1629 non gli accade nulla, ma un evento costringerà a cambiare i piani delle donne (la calata dei lanzichenecchi e quindi la peste).

Manzoni e i Promessi sposi