Il terzo capitolo dei Promessi sposi si apre con Lucia piangente che racconta a sua madre Agnese e al suo promesso sposo Renzo, che qualche giorno prima, mentre stava tornando dalla filanda le si avvicino don Rodrigo. Il signorotto era in compagnia di un altro giovane, che poi si scoprirà essere suo cugino Attilio, e l’aveva infastidita con delle chiacchiere. Lucia racconta di aver raggiunto subito le sue compagne che erano un po’ più avanti, ma era riuscita a sentire di una scommessa che con molta probabilità la riguardava.
Renzo dopo il racconto viene assalito nuovamente da una rabbia che lo porterebbe a una reazione molto violenta verso don Rodrigo. Agnese allo stesso tempo è rimasta delusa del fatto che la figlia non si fosse confidata con lei. Lucia, infatti, in confessione aveva raccontato tutto a padre Cristoforo, proprio per evitare i pettegolezzi della madre e l’ira di Renzo.
La giovane con la sua calma riesce a placare gli animi di entrambe.
A questo punto Agnese, che rappresenta la saggezza popolare, suggerisce a Renzo di recarsi dall’azzeccagarbugli, l’avvocato del paese, che sicuramente gli avrebbe trovato una soluzione, e di portargli in cambio del suo aiuto i quattro capponi che sarebbero dovuti servire per la festa nuziale.
Lungo la strada per Lucca, per arrivare dall’avvocato, i capponi si beccano tra loro e Renzo riflette sul fatto che come gli animali, uniti dalla stessa sorte, non hanno solidarietà tra loro così gli uomini.
Giunto alla casa dell’azzeccagarbugli, gli dona i capponi, che l’avvocato accetta volentieri, infatti, si rivolge al giovane in maniera benevola.
L’avvocato a questo punto del racconto viene descritto fisicamente come alto, asciutto e pelato, con il naso rosso, da buon bevitore di vino, e una voglia sulla guancia.
L’ambiente in cui vive e lavora rispecchia la sua personalità di uomo trasandato, facilone e superficiale. Lo studio è uno “stanzone”, proprio per impressionare i clienti, con scaffali pieni di libri polverosi, perchè non sono usati da tempo, inoltre la scrivania è piena di scartoffie che l’avvocato rimescola in continuazione, accrescendo il senso d’insicurezza e di soggezione di Renzo.
Quando i due cominciano a parlare, nascono una serie di equivoci che fanno credere all’azzeccagarbugli che Renzo fosse un bravo, quindi l’oppressore e non la vittima, e in questa circostanza era favorevole ad aiutarlo, anche a costo d’imbrogliare.
Quando scopre le cose come stanno e sente il nome di don Rodrigo, lo caccia.
Purtroppo a quei tempi le leggi erano fatte per difendere i prepotenti, e la cultura era usata come strumento di dominio ed oppressione sociale.
Intanto Lucia e la madre continuano a cercare una soluzione e pensano che l’unica cosa da fare fosse rivolgersi a fra Cristoforo. Fortunatamente ad un certo punto giunge alla loro porta fra Gaudino, un umile frate in cerca di noci per il convento dove viveva padre Cristoforo.
Lucia ha la brillante idea di dargli tante noci in modo che ritorni subito al convento e chieda così al frate di giungere da loro.
Renzo fa ritorno a casa e racconta tutto. Quindi tra il giovane ed Agnese si accende una piccola discussione che Lucia riesce a placare.