Il capitolo XXXI dei Promessi sposi inizia con l’autore che vuole raccontare come sia avvenuto il diffondersi della pesta, molti ne avevano parlato ma nessuno in modo preciso quindi lui si ripropone di raccontarlo in modo dettagliato, denunciando anche l’autorità pubblica che ha commesso non pochi errori.
A partire dall’ottobre del 1629 la peste comincia a diffondersi su tutto il territorio lombardo, purtroppo però non subito si è voluta accettare la situazione nonostante la denuncia di medici illustri. Solo il 30 ottobre finalmente si ammette che sia le morti siano causate dalla peste e quindi si vieta l’ingresso a Milano per evitare il diffondersi della malattia.
Purtroppo, sia il governatore di Milano, Spinola, che la stessa popolazione non capiscono e non vogliono accettare la situazione, quindi hanno comportamenti che contribuiscono al diffondersi della pesta.
Tramite molte fonti storiche si è anche a conoscenza del primo uomo che si è ammalato, da cui poi si è diffusa la malattia. Questi avrebbe comprato degli indumenti dai lanzichenecchi ammalandosi e diffondendo il morbo all’interno della sua famiglia. L’unica precauzione che veniva attuata dopo la morte di un contagiato era bruciare i suoi indumenti e suppellettili a lui appartenuti.
All’inizio la malattia si diffonde lentamente infatti, solo i primi mesi del 1630 si cominciano a vedere un maggior numero di morti. I malati vengono mandati al lazzaretto e molti non denunciano la malattia per paura di finirci dentro, ovviamente ciò non fa che diffondere ulteriormente la peste in città.
Il tribunale della sanità con molto ritardo cerca di arginare la situazione ma purtroppo ormai è troppo tardi. Intanto anche i medici e tutti coloro che cercano di combattere la peste sono additati dalla popolazione la quale crede che diffondano il falso.
Alla fine di marzo del 1630 i morti non si contano più e la peste si diffonde per contatto fra le persone, il lazzaretto è pieno e viene affidato ai frati cappuccini che accettano di prendersene cura senza volere nulla in cambio, ma solo svolgere un’opera caritatevole. L’autore considera tale ordine una delle poche istituzioni positive e vantaggiose per la comunità.
Purtroppo, con il morbo così esteso, la popolazione comincia a voler cercare un capro espiatorio, a seguito anche delle voci che si stavano diffondendo: in Francia degli individui erano stati accusati di spargere degli unguenti velenosi. Ad avvalorare questa storia fu un fatto banale, delle persone pensano di vedere qualcuno che unge degli assi divisori in chiesa, questi vengono lavati accuratamente nonostante non fosse stato trovato nulla, ma ciò desta il sospetto di coloro che assistono e quindi cominciano a circolare storie sul fatto che tutto il duomo si stato unto.
Dopo qualche giorno, un lungo tratto di mura viene cosparso con una sostanza gialla, quindi ciò non fa altro che alimentare questa psicosi degli untori. Si cominciano ad accusare vari individui.
Una parte del popolo milanese ancora non crede alla peste, soprattutto perchè alcune persone guariscono e altre no. Quindi il governo escogita un espediente; il giorno che si festeggia la Pentecoste la gente si reca al cimitero di S. Gregorio, qui viene fatto arrivare un carro con tutti corpi di una famiglia morta di peste da questo momento la presenza del morbo viene creduta da tutti.