Il capitolo XIII dei Promessi sposi si apre con il vicario che si accinge a mangiare un pasto magro, che però viene interrotto perchè informato dell’arrivo della folla.
Impaurito fa sprangare porte e finestre e si nasconde in soffitta.
La sua figura richiama un po’ quella di don Abbondio, perchè anche su di lui, come per il curato, la burrasca si abbatte all’improvviso.
Intanto i rivoltosi hanno raggiunto la porta del vicario e Renzo, questa volta volontariamente, segue la folla. Il giovane in questa situazione non disapprova il saccheggio, il furto, ma quello che non condivide è la violenza e il fatto che vogliano uccidere l’uomo.
Tra la folla c’è un vecchio che afferma di voler attaccare il corpo del vicario con dei chiodi e un martello. Ascoltando queste parole Renzo mostra la sua disapprovazione e subito viene considerato una spia.
Il giovane è in grave pericolo ma è salvato dall’arrivo di alcuni rivoltosi che portano in spalla una grande scala a pioli per arrampicarsi nella casa.
In seguito arriva una carrozza con dentro il cancelliere Ferrer che viene considerato con rispetto perchè credono che sia venuto ad arrestare il vicario.
Viene acclamato come un salvatore e la carrozza è fatta passare senza problemi.
Renzo è attratto da quest’uomo, di cui aveva visto la firma dall’azzecca-garbugli, e si convince che sia un galantuomo.
Il cancelliere si affaccia dalla carrozza e si rivolge alla folla in modo gentile promettendogli pane in abbondanza. Si può dire che Ferrer abbia due facce, una verso il popolo e una all’interno della carrozza e in corrispondenza di esse usa due lingue differenti: l’italiano, comprensibile a tutti, e lo spagnolo dal cocchiere. Proprio con questa seconda lingua che dice ciò che pensa veramente.
Renzo, assetato da un sentimento di giustizia, aiuta il cancelliere a raggiungere la casa.
L’uomo riesce ad entrare e a portar via il vicario, che tutti credono abbia arrestato. Una volta usciti dalla folla il vicario ringrazia profondamente Ferrer ed esprime la sua intenzione di rinunciare alla sua carica e di ritirarsi in una grotta a fare l’eremita.