Il capitolo XXXII dei Promessi sposi, rispetto al capitolo precedente dove Manzoni descrive la peste e i suoi primi effetti, tratta ciò che accade nei mesi compresi la primavera e l’estate del 1630, quando il morbo raggiunse il suo apice.
Con il diffondersi dell’epidemia i magistrati decidono di rivolgersi al governatore Spinola, il quale non dà molta importanza alle lettere ricevute, essendo impegnato nella guerra, e affida la risoluzione del problema ad Antonio Ferrer, il gran cancelliere.
Intanto i magistrati chiedono anche al cardinale Borromeo di indire la processione in onore di san Carlo, cioè il vescovo eroe della peste del 1576. In modo che le preghiere del popolo e la provvidenza avrebbero dato una mano a sconfiggere questo male.
Il cardinale all’inizio era un po’ reticente perchè aveva paura che se le cose non fossero migliorate, sarebbe stato screditato il santo e poi una folla così folta avrebbe ravvivato il contagio.
Alla fine, decide di accettare perchè si doveva cercare di risollevare gli animi della popolazione sempre più convinta della presenza di untori, i quali vengono visti ovunque. Questa psicosi si diffonde anche nelle campagne, chiunque sembri sospetto viene preso a calci e pugni dalla folla.
La processione viene svolta l’11 giugno con la partecipazione di una folta folla. Fin dai giorni successivi i contagi crescono vertiginosamente, la popolazione del lazzaretto cresce da duemila a dodicimila. Verso la fine di luglio il numero di morti è di circa 500 al giorno, per poi salire anche a mille, ciò contribuisce a far scendere di tanto la popolazione.
In questa situazione così grave il ruolo dei magistrati non è affatto facile, si trovano ad affrontare problemi di ogni tipo che si ripresentano in continuazione come la mancanza di persone che ritiri i corpi dalle strade o della sepoltura ai morti che ormai si trovano sparsi ovunque.
Inoltre, un altro problema è il lazzaretto dove spesso mancano viveri o medici ma fortunatamente l’aiuto dei frati ha contribuito a risolvere alcune di queste questioni.
Anche il cardinale Borromeo non si ferma davanti a nulla, non ha paura di contrarre la peste quindi spesso si reca al lazzaretto o sull’uscio di case dove sono presenti degli infetti.
Purtroppo, come accade sempre in situazione di crisi, ci sono persone caritatevoli ma anche individui che se ne approfittano, saccheggiano e derubano.
Insieme alla malvagità e i crimini continua, arrivando a peggiorare, la questione degli untori. Le persone cominciano a diffidare anche dei loro familiari e si pensa che questi non agiscano per denaro ma perchè spinti dal demonio.
Anche tra i dotti e i medici si vanno diffondendo teorie più svariate, molte delle quali avvaloravano la tesi dell’unzione. Lo stesso cardinale segue un po’ quello che era il giudizio generale, pensando che ci sia un fondo di verità.
I magistrati, quindi, cominciano una caccia agli untori che vengono individuati e sottoposti a torture.