Il Trecento fu un periodo molt difficile, infatti ci fu un rapido declino sia dell’impero che della chiesa; il primo aveva perso il suo dominio sull’Italia, invece la chiesa aveva cercato di colmare il vuoto politico, ma per fare ciò si era corrotta ed era diventata sottomessa alla monarchia francese. In questo contesto storico Dante scrisse il De Monarchia.
Esso è un trattato in tre libri in latino. Fu scritto probabilmente al tempo della discesa di Arrigo VII di Lussemburgo in Italia. Infatti, il re era giunto sia nel 1308 che nel 1310 in Italia per portare pace tra guelfi e ghibellini, ma soprattutto aveva intenzione di far ritornare il potere imperiale in Italia approfittando del vuoto di potere dovuto al trasferimento del papato ad Avignone.
Purtroppo tutti i buoni propositi andarono in fumo perchè il re morì prematuramente. Per Dante ciò fu molto sconfortante, soprattutto perchè sperava, insieme ad altri esiliati, di ritornare a Firenze.
Il De Monarchia è diviso in tre libri, è l’unico trattato scritto da Dante, ovviamente in latino, perchè era rivolto a un pubblico di dotti. Quindi nei tre libri lui trova la soluzione alla situazione travagliata dei suoi tempi, cioè l’impero universale.
Nel primo libro Dante dimostra la necessità di un impero universale per assicurare la pace e la giustizia, perchè secondo il poeta l’impero è stato legittimato da Dio; nel secondo libro spiega i motivi per i quali l’autorità imperiale spetti di diritto al popolo romano; infine nel terzo libro sostiene che l’autorità imperiale deriva direttamente da Dio ed è indipendente da quella papale. Quindi secondo Dante l’autorità papale deve essere la guida spirituale dell’umanità , invece l’autorità imperiale deve essere la guida terrena degli uomini.
Per quanto ciascuna delle due guide sia autonoma, la loro azione è complementare perchè solo se si è in pace e concordia l’umanità può seguire la guida del papa e giungere alla salvezza.