Nel 1901 dopo l’assassinio di Umberto I, il nuovo sovrano Vittorio Emanuele III formò il nuovo governo democratico guidato da Zanardelli. Il nuovo capo del governo subito portò una ventata di miglioramento e positività grazie a tutti quei provvedimenti che posero le basi per una crescita economica e per una pace sociale. Fu costretto a ritirarsi a causa di una grave malattia. La carica di ministro degli interni fu affidata a Giovanni Giolitti che solo nel 1903 lui stesso fu nominato primo ministro e con alcuni periodi d’interruzione rimase al governo fino al 1914. Questo periodo fu chiamato Età giolittiana.

Giolitti proseguì l’opera che aveva iniziato come ministro degli interni. Era un moderato quindi aveva l’appoggio dei conservatori, ma poichè aveva un atteggiamento molto aperto nei confronti delle riforme ottenne anche l’appoggio da alcuni settori del partito socialista, guidato da Filippo Turati che appoggiava il governo ogni qual volta prendeva dei provvedimenti per i lavoratori italiani. Giolitti riteneva che le classi popolari dovessero partecipare alla vita politica. Inoltre, credeva che un aumento degli stipendi avrebbe favorito la crescita dei consumi che avrebbe portato a degli effetti positivi sull’economia italiana. Si adoperò quindi anche per uno sviluppo industriale e per la modernizzazione dell’agricoltura.

Una svolta importante rispetto ai governi precedenti fu il modo in cui si pose nei confronti delle proteste e manifestazioni, in pratica lo Stato non doveva intervenire, doveva essere neutrale. Infatti in occasione del primo sciopero generale, nel 1904, la Destra chiese al governo di disperdere gli scioperanti, invece Giolitti avviò una trattativa con i sindacati arrivando a una soluzione pacifica con gli scioperanti.

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