Alla fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento a causa del grande malcontento degli operai del Nord e dei contadini del Sud, nacquero molti movimenti di protesta. Inoltre si formarono le prime organizzazioni sindacali ispirate dall’ideologia socialista. Nacque la Camera del lavoro che si proponeva di sostenere la lotta degli operai per il miglioramento delle loro condizioni lavorative. Questo tipo di movimenti assunse un carattere nazionale nel 1906 con la nascita della Confederazione generale dei lavoratori (Cgl) che univa le principali organizzazioni sindacali.
Poichè c’erano tutte queste proteste i governi di quel periodo decisero di non creare alcun dialogo negando anche il diritto di manifestare e scioperare. Particolarmente repressivo fu l’atteggiamento di Francesco Crispi che successe a Depretis nel 1887 e stette al governo fino al 1896. Egli attuò una politica autoritaria che non piacque affatto a molti. Era del parere che qualsiasi forma di protesta dovesse essere repressa. Proclamò nel 1894 anche lo stato d’assedio (cioè erano sospese tutte quelle leggi di garanzia o della Costituzione assumendo i poteri civili con l’utilizzo di forze militari) e dichiarò illegali tutte le organizzazioni operaie.
In politica estera voleva attuare un progetto di espansione coloniale. Nel 1889 con l’imperatore dell’Etiope firmò il trattato di Uccialli, per regolare i rapporti tra i due Stati. Praticamente trasformò l’Etiopia in un protettorato ( territorio che non perde la sua indipendenza ma di fatto è una colonia). L’imperatore però voleva conservare la propria indipendenza quindi crebbero le tensioni tra i due Stati. Nel 1895 Crispi gli dichiarò guerra ma le truppe italiane furono sconfitte ad Adua nel 1896.
Dopo questa sconfitta Crispi si dimise ma non finì la politica repressiva del governo contro le proteste popolari. La repressione più violenta fu quella di Milano nel 1898 dove il generale Bava Beccaris ordinò di sparare con fucili e cannoni sulla follo provocando una strage.
Solo due anni dopo nel 1900 a Monza fu ucciso Umberto I dall’anarchico Gaetano Bresci, il quale dichiarò di aver voluto vendicare le vittime di Milano del 1898.
L’uccisione del sovrano fu condannata da tutti, ma i disordini e gli scioperi all’interno del Paese continuarono e l’allora capo del governo Saracco si dimostrò troppo debole e la guida del governo fu affidata dal re Vittorio Emanuele III a Giuseppe Zanardelli che faceva parte dello schieramento democratico,
Tra i componenti del governo Zanardelli c’era il ministro degli interni Giovanni Giolliti.
Programma di Storia di terza media