La seconda rivoluzione industriale e quindi questa ripresa dello sviluppo industriale fu anche dovuta a un nuovo modo di produrre, quindi ad una nuova organizzazione della distribuzione del lavoro all’interno delle fabbriche chiamato taylorismo. Con questo termine si indica il nuovo sistema di produzione creato dall’ingegnere Frederick Winslow Taylor che prevedeva una divisione dei compiti molto dettagliata che avrebbe portato ad un aumento della produttività e di conseguenza ad un maggior profitto per le aziende.

In pratica ciascun operaio doveva specializzarsi nell’uso di una macchina e nello svolgimento di poche operazioni da compiere senza perdere tempo e con precisione, in modo da sfruttare al massimo le risorse tecnologiche ed umane.

Quindi ogni operazione era scomposta in tante operazioni più semplici. L’uomo che mise in pratica questa teoria fu Henry Ford, l’industriale statunitense fondatore della conosciuta casa di automobili che introdusse anche la catena di montaggio che riduceva ancor di più i tempi di produzione. Gli operai erano disposti lungo un nastro trasportatore sul quale passavano i componenti delle automobili e ognuno di loro con il pezzo davanti doveva compiere una sola mossa prima di farlo passare all’operaio successivo. Alla fine della catena si passava all’assemblaggio.

L’affermarsi del taylorismo ebbe indubbi vantaggi ma anche drammatiche conseguenze.

Da un lato si aumentò di tanto la produzione riducendo i costi ma allo stesso tempo gli operai furono costretti ad adattarsi a svolgere il proprio lavoro in modo del tutto differente. Infatti la divisione dei compiti e la conseguente ripetitività provocarono problemi psicologici. Inoltre vi era anche l’insoddisfazione di non vedere il frutto del loro lavoro e di contribuire solo in piccola parte. L’uomo veniva ridotto alla stregua di una macchina.

Programma di Storia di terza media