Angelo Ambrogin nacque a Montepulciano nel 1454 e morì a Firenze nel 1494, detto Poliziano per il suo paese natale, latinizzato in Mons Politanus.
Lo si può considerare uno dei poeti più celebri del Quattrocento, anche perchè fu un secolo con una ricca produzione culturale, ma caratterizato non da grandissimi scrittori.
Era figlio di un uomo di legge, Benedetto che fu assassinato per vendetta da una famiglia di compaesani, quando Angelo aveva solo 10 anni.
Si trasferì giovanissimo a Firenze dove fu ammesso nella cerchia di Lorenzo de’ Medici che lo prese sotto la sua ala protettiva. Divenne precettore del figlio di Lorenzo, Piero, e poi anche del secondogenito Giovanni.
Nel 1479, nonostante gli ottimi rapporti con Lorenzo, a causa di un contrasto con la moglie di quest’ultimo, si allontanò da Firenze e soggiornò per breve tempo in altre corti italiane, fino a quando chiese con una lettera di essere perdonato, così ritorno di nuovo a Firenze alla corte de’ Medici.
In seguito prese i voti per avere una sistemazione più sicura. Nel 1493 Piero de’ Medici, figlio di Lorenzo, lo raccomandò al papa per la nomina a cardinale, ma nel 1494 morì ad appena 40 anni.
Nella sua breve vita crebbe accanto a molti studiosi riuscendo così a formarsi una vasta cultura nelle lingue classiche e nelle volgari.
Sicuramente oltre per la sua produzione letteraria, Poliziano è ricordato soprattutto per la sua attività filologica, infatti fu uno dei più grandi filologi umanisti. Questo tipo di attività si trova nel “Miscellanea” che è una raccolta di 100 discussioni intorno a varie questioni sulle tradizioni popolari e sulla cultura antica.
Dallo studio dei documenti classici nacque anche la sua produzione in latino e greco. In latino scrisse odi, elegie ed epigrammi e la propulsione in versi a corsi universitari tenuti da lui, raccolte con il titolo di “Sylva“. Anche in greco scrisse molti epigrammi che dimostrano la sua grande padronanza per la lingua.
Poliziano può essere definito poeta doctus, proprio per la sua capacità di comporre opere erudite ed in volgare; le seconde sono state scritte soprattutto in epoca giovanile e con esse riuscì a fondere le sue conoscenze classiche con il patrimonio della poesia Toscana del Duecento e Trecento.
Da ricordare sono le “Stanze per la giostra del Magnifico Giuliano ” scritte tra il 1475-78, è un poemetto in ottave scritto per volontà della madre di Lorenzo, per celebrare il figlio Giuliano. L’opera aveva lo scopo di elogiare, ma nello stesso tempo aveva una trama di fantasia. E’ composto da da due libri, il primo di 125 ottave, il secondo fu interroirro alla quarantaseiesima ottava, forse a causa dell’uccisione di Giuliano.
L’opera parla di un giovane brillante, di nome Iulio (Giuliano) che si dedica alla caccia e alle armi e che disprezza l’amore. Allora Cupido decide di punirlo, facendogli inseguire una bellissima cerva che scompare nel bosco e all’imprvviso al suo posto compare una ninfa bellissima, Simonetta, di cui il giovane si innamora perdutamente, ma anche la ninfa si allontana scomparendo.
Il primo libro si conclude con il ritorno a casa da Venere di Cupido e la descrizione del regno della dea. Nel secondo libro Venere decide che Iulio deve riprendere le armi per amore e gli va in sogno. Quando si sveglia Iulio vuole conquistare con le armi Simonetta, ma a questo punto Poliziano interrompe il racconto.
Simile al tema trattato in quest’opera è quello della “Favola di Orfeo” che è un testo composto per una festa nuziale. Qui Poliziano sostituisce argomenti sacri con quelli profani, mitologici, cioè la vicenda di Orfeo ed Erudice. Orfeo racconta della morte di Erudice e della discesa di Orfeo all’inferno, allo scopo di salvarla.